I ricchi piangono.

Data Corsivo 13 febbraio 2012 | Corsivo n° 6 |

Pare che Sergio Marchionne si sia messo a piangere dopo aver visionato lo spot che Clint Eastwood ha girato per Chrysler. Il fatto mi ha suggerito qualche considerazione su come le merci riescano a “colonizzare” l’umano.
A Marchionne infatti non ha tremato la voce quando ha chiuso Termini Imerese, da cui dipendeva il lavoro di migliaia di operai. Ma non ha saputo trattenere la commozione di fronte allo spot, da lui stesso commissionato, che ne celebra il successo, esaltando il “discorso del capitalista”: «donare tutto se stesso alla causa del profitto».

Walter Benjamin aveva notato come le prime esposizioni universali e la nascente “réclame” rendessero fantasmagorica l’ascesa al trono (“intronizzazione”) della merce, oggetto di un culto inedito. In aggiunta alle capacità di cui parlava Benjamin, la moderna pubblicità dimostra di saper anche commuovere gli idoli che essa promuove ( e che ne sono anche i finanziatori e i beneficiari).
Questo “circolo incestuoso” e un poco infantile non ha invece turbato Annamaria Bernardini De Pace (nientemeno!), che sul Giornale del 12 febbraio ha dedicato all’evento un articolo gonfio di fremiti per Marchionne («Marchionne è un uomo col potere, ma non «di potere. Basta il suo maglione a dimostrare che è in intimità con la gente [...] è uno che fa, agisce, inventa, crea, riorganizza e ricostruisce. Ha coraggio. Ha passione»)..

Il pezzo si conclude con queste parole di rimprovero rivolte alle povere donne ignoranti che non sono Annamaria Bernardini De Pace: «Le donne, infatti, hanno da sempre l'idea romantica di voler essere amate da un uomo avventuroso e poeta [...]Invece, se solo conoscessero l'etimologia di avventura (dal latino «ad ventura»: ciò che accadrà) e di poeta (dal greco «poietes»: colui che produce) apprezzerebbero solo veri e desiderabili uomini come Marchionne: capace di piangere per la emozionante gioia di avere fatto accadere qualcosa di buono e produttivo.» .
Insomma, i ricchi fanno tanti sacrifici e sanno anche piangere, mentre noi, ingrate, continuiamo a non amarli!

Di fronte a questa prosa si resta francamente ammirati e sedotti.
Con la stessa disinvoltura etimologica, però, proporrei di comprendere nella categoria dei veri uomini che “producono cose nuove e buone” e “affrontano l’avventura quotidiana della vita”, gli operai di Termini, Melfi, Pomigliano e Mirafiori.
A naso mi pare che lo meritino di più.



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