Per questa volta non credo serva alcun commento, basta leggere la notizia che trovate a questo indirizzo:
http://sodeadestra.comunita.unita.it/2012/02/22/sono-un-uomo-di-merda/"
( e che viene qui di seguito riportata)
Insomma l’operaio cede alla fatica e così “viene convocato a fine turno: capi e sottocapi lo circondano e gli fanno recitare al microfono” tali tremendi versetti. L’episodio è riportato non in un foglietto estremista diffuso dai duri della Fiom bensì dal “Foglio” di Giuliano Ferrara. E l’autore dell’articolo è un Gianfranco Pace che forse soffre le reminiscenze di un suo lontano passato. E il fatto era già stato raccontato da Loris Campetti sul “Manifesto”.
“Io sono un uomo di merda” è costretto a dire quell’operaio che come un novello Charlot non ce la fa a inseguire i ritmi di Marchionne. In una fabbrica dove se hai la tessera Fiom non entri. Come quando non si poteva avere l’Unità in tasca. E poi c’è chi osa tacciare di nostalgici del primo Novecento perfino coloro che nel Pd osano non osannare la politica Fiat. Ma chi sta facendo salti enormi all’indetro, in nome dei “tempi moderni” (titolo, appunto, del film di Chaplin)?
Un episodio che incita alla rivolta. Che prima o poi arriverà.
E così i moderni proletari, per rimanere in tema, saranno costretti a riscoprire un antico sorpassato slogan soreliano:
“A salario di merda lavoro di merda”.
Così – magari anche quando si sostiene che la riforma del lavoro la fanno solo esperti ministri senza il conforto aperto dei sindacati
– si buttano a mare anni di faticose conquiste e vere modernizzazioni.
Quelle che avrebbero dovuto portare “da sfruttati a produttori”, come diceva un volume di Bruno Trentin. Tanto per citare uno che se fosse ancora vivo non crederebbe ai propri occhi.