«Sono solito rispondere scherzosamente agli amici che chiedono le mie origini, che io sono nato come Venere dalla spuma del mare, che ho origine classiche sì, ma povere.»
Se è possibile riassumere in poche parole il ritratto ideale di una persona, nel caso del Magnifico Rettore Prof. Attilio Moroni, queste sono quelle giuste per capirlo fino in fondo.
Un rapporto di amore odio per il mare e soprattutto il ribadire in modo orgoglioso, nonostante i tanti titoli e meriti acquisiti, le proprie umili origini marinare. Un rapporto quello con Porto Recanati che continuerà per tutta la vita con una dedizione ed un rispetto che ancora mancano a tanta gente che ha avuto la fortuna di conoscerlo.
Nasce nella cittadina rivierasca il 13 aprile 1909 ma perde subito il padre nel 1910, per un mortale infortunio sul lavoro in Argentina, nella baia del Paranà. Passa un’infanzia povera ed entra così molto giovane nel seminario vescovile di Recanati dove proseguirà negli studi fino a conseguire nella primavera del 1931 la laurea in Sacra Teologia nel seminario regionale di Fano. Nello stesso anno viene ordinato sacerdote e diventa parroco nella Cattedrale di Recanati.
Viste le sue spiccate qualità umane ed intellettuali, viene ordinato dalla Curia Rettore del pontificio seminario di Chieti in Abruzzo. Insegna Storia dell’Arte presso il Liceo Classico “Giacomo Leopardi” di Recanati, esperienza questa che, come vedremo, si rivelerà determinante nello stimolare la sensibilità verso ogni forma ed espressione di arte sia antica che contemporanea, portandolo ad una scelta selettiva e consapevole di collezionismo che intraprenderà, attraverso donazioni ed acquisizioni, nel corso di tutta la sua vita.
Frequentando un ambiente di studi, riprende un percorso formativo fino a conseguire la Laurea di Dottore in Giurisprudenza nel 1941 presso l’Università degli Studi di Macerata, dove diviene assistente volontario della cattedra di Diritto Ecclesiastico nell’Anno Accademico 1941 – 1942. Nel giugno 1948 consegue la libera docenza nella stessa disciplina. Risultato il primo della terna dei vincitori nel concorso di Diritto Canonico bandito nel 1968 dall’Ateneo Maceratese, viene nominato Professore Straordinario nella Facoltà di Giurisprudenza e un triennio più tardi è Professore Ordinario alla cattedra di Diritto Ecclesiastico.
Nella sua lunga carriera accademica, Moroni ricoprirà successivamente sia la carica di Preside della Facoltà di Giurisprudenza che di Direttore dell’Istituto di Diritto Ecclesiastico. Viene eletto Magnifico Rettore per il triennio 1976 – 1979 e riconfermato nel mandato del 1984, fino alla morte prematura nel 1986.
Cattedratico di riferimento a livello nazionale nella propria disciplina, cura innumerevoli saggi e pubblicazioni. Segue e studia approfonditamente il Concilio Ecumenico Vaticano II° ed in particolare il testo “Dignitatis Humanae”, dove per la prima volta, accettando la pluralità religiosa, si individua il diritto alla libertà di fede come diritto assoluto, soggettivo, pubblico, universale, spettante a tutti gli “uomini in quanto tali” (dignitatis humanae) e prescindendo dalle loro intenzioni.
La Verità non si esaurisce con il cristianesimo, apertura al dialogo interreligioso e allo studio di tutti i testi sacri, quali possibili fonti di verità e salvezza. Il Concilio arriva inoltre ad affermare che la salvezza non è preclusa ai non cristiani e agli atei, se questi vivono una vita e opere conforme alla dottrina di Cristo, nel rispetto dei comandamenti. In questo modo, viene ribadito il principio della salvezza per opere, non per fede. L'affermazione viene vista come una forte apertura rispetto al passato, dove la fede in Cristo era considerata una condizione necessaria per la salvezza.
Il Prof. Moroni comprende perfettamente la spinta innovativa dello spirito conciliare e lo fa proprio sia nel ruolo di Magnifico Rettore, aperto al dialogo con tutte le istanze anche le più remote, che nell’approccio al mecenatismo di cui beneficeranno sia l’Università di Macerata, il Museo Diocesano di Recanati che il Comune di Porto Recanati.
Egli spesso nei discorsi ufficiali di apertura dell’Anno Accademico sottolinea l’importanza di cogliere il frutto e il senso del cambiamento dei tempi, attraverso la costante volontà di registrare e misurare gli sperimentali e spesso provocatori percorsi della ricerca culturale ed artistica che maturavano sia dentro che fuori l’ambiente universitario.
Durante il mandato si occupa della riorganizzazione logistica ed amministrativa in tempi di profondi e repentini mutamenti politici, economici e sociali. Al contrario di quello che ci si potrebbe aspettare da un uomo di Chiesa, Moroni è un forte innovatore, “sfida” la tradizione, pur nel dovuto rispetto della stessa.
Avvicina l’ambiente universitario, fino ad allora elitario e esclusivo, alla società e al territorio di riferimento, intreccia rapporti stretti con le istituzioni presenti, ascolta le necessità e le aspettative di quella coralità di voci che formano l’ambiente accademico a cominciare dagli ultimi, gli studenti.
È in quest’ottica che va interpretato il fattivo adoperarsi del Magnifico Rettore per il C.U.S. Macerata, quando acquista i primi locali, prima con la storica sede di Vicolo delle Scuole e poi dal 1986 con l’impianto di Via Salvatore Valerio.
Un rapporto quello con l’Università di Macerata mai dimenticato e ancora oggi il frutto di questo progetto disinteressato e lungimirante lo possiamo vedere sia nel dipartimento di studio e ricerca a lui titolato (http://www.unimc.it/ricerca/centri-interdipartimentali-di-documentazione-e-di-ricerca/centro-di-studi-attilio-moroni),
che nella ricca e varia collezione di opere grafiche donate dallo stesso all’Ateneo.
L’Università di Macerata eredita dal suo Magnifico Rettore un importante patrimonio artistico composto da 222 opere che attualmente sono esposte nel Fondo Moroni “Arte Contemporanea in Università – La collezione di opere grafiche raccolta dal Rettore Attilio Moroni (1977 – 1985), quando poi avrà la definitiva sistemazione con la collocazione nelle varie sedi di facoltà, come desiderato dallo stesso Moroni nelle sue disposizioni testamentarie.
Stiamo parlando di anni di grande fervore ed effervescenza e il Rettore sa ascoltare e vivere le istanze innovatrici di una società sempre più pluralista e aperta. Nutre particolare sensibilità per gli emigranti, soprattutto in terra argentina, per il diritto al lavoro e alla sicurezza sul luogo di lavoro, mai dimentico del dramma familiare vissuto in prima persona con la perdita del padre.
A ben vedere temi purtroppo ancora di scottante attualità. Rileggendo gli scritti con cui disquisisce sull’esito dei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II°, si avverte tutta la tensione partecipativa dello studioso rigoroso nel ricercare una giusta ponderazione tra le urgenze “terzomondiste” dettate dalla necessità di apertura al dialogo ecumenico con le altre professioni di fede e di consapevolezza di fronte alle ideologie, a fronte di una società sempre più multi – polare e le aspettative della curia romana ancora attenta alla tradizione e garante del ruolo della Chiesa intesa in senso verticistico, alla stregua di una monarchia assoluta. Sottolinea la posizione di Albino Luciani (futuro Papa Giovanni Paolo I°) quando dice che “…la Chiesa del Concilio, deposto ogni trionfalismo, è decisa ormai a guadagnare a sé i lontani e gli erranti usano solo i mezzi spirituali”.
Il corretto uso dei mezzi, propri del ruolo assunto è in fondo il solco entro cui si adopera il Moroni, nel costante e quotidiano confronto nelle aule dell’Università, prima da Professore poi da Preside e infine da Rettore.
Ma a beneficiare della magnanimità del Professore non è stata solo l’Università degli Studi di Macerata in quanto la parte più cospicua della collezione di libri e di quadri raccolti è stata donata per espressa volontà, ai suoi concittadini.
Senza particolarismi e con un’infinita riconoscenza per le proprie origini mai dimenticate, dispone che la parte più consistente del proprio patrimonio venga donata al Comune di Porto Recanati. L’allora Amministrazione Comunale si adopera affinché l’intera collezione fosse resa accessibile e fruibile a tutta la cittadinanza, secondo i dettami del donatore. Quindi è grazie al collezionismo e alla generosità del Prof. Attilio Moroni che nasce la Pinacoteca Comunale a lui titolata, punto di riferimento a livello regionale per la raccolta di arte moderna.
La Pinacoteca è ospitata nelle sale superiori del Castello Svevo ed è articolata in sette sale, la prima delle quali è stata dedicata al pittore portorecanatese Biagio Biagetti, altro illustre concittadini ed esponente di rilievo dell'arte sacra del Novecento, nonché membro della Pontificia Accademia dei Virtuosi del Pantheon e direttore artistico per tanti anni della Pinacoteca Vaticana.
In un'altra sala sono esposte preziose tele del XVI° e XVII° secolo, tra le quali si possono citare le più significative quali quelle attribuite al Maratta, al Giordano, al Rosso Fiorentino e allo Spagnoletto. Altre opere riferibili al De Carolis, Domenico Morelli, Felice Casorati e Remo Brindisi completano una collezione di indubbio valore storico ed artistico.
Il collezionismo del Magnifico Rettore rispondeva oltre che al raffinato gusto personale, anche ad un criterio ben preciso, frutto della indiscussa capacità critica acquisita nel corso degli anni. La collezione si completa con numerosi dipinti appartenenti alle più importanti scuole pittoriche dell'Ottocento italiano, quali la Scuola Toscana, la Scuola Romana, la Scuola Veneta, Napoletana e Settentrionale.
Dei nomi su tutti, Irolli, De Pisis, Signorini, Mancini, De Nittis, Soffici e il Postiglione.
Una personalità poliedrica, cultore della lingua italiana, stimola e promuove lo studio di autori locali altrimenti destinati all’oblio, come Enrico Mestica, nato tolentinate nel 1856, autore di uno dei primi e più completi dizionari della lingua italiana, del quale citiamo un’espressione che sicuramente lo stesso Rettore avrebbe condiviso, sulla figura del marchigiano, inteso come colui «che o chi è delle Marche. Proverbio: più mondo giri, e più marchigiani trovi. Vero verissimo, perché i Marchigiani sono molto laboriosi, sobri e onesti, si contentano di poco, e però sono graditi e trovano lavoro per tutto».
Un attaccamento alle radici e tradizioni locali come perno della propria identità, che trova espressione compiuta nella famiglia e nella comunità di origine, inizio e fine del grande viaggio della vita. Un senso di profonda gratitudine e riconoscenza, non avendone una propria, per quella grande famiglia di adozione che è stata la città di Porto Recanati che sempre lo ha sostenuto e appoggiato nella sua lunga ed illustre carriera accademica e che ha saputo ricambiare con un “regalo” che lo ha restituito all’eternità.
Cosa direbbe oggi il Magnifico Rettore della “sua” Porto Recanati?
Sarebbe deluso al sapere che problemi come la precarietà del lavoro e della sicurezza dell’ambiente di lavoro per cui tanto si era adoperato, sono ancora irrisolti e all’ordine del giorno; sarebbe addolorato dallo stillicidio quotidiano di morti bianche per infortuni sul lavoro; sarebbe incredulo che noi, figli di un popolo di emigranti in ogni dove, nutriamo ostilità e pregiudizio per i nuovi emigranti; noterebbe con disappunto il percorso involutivo della gerarchie ecclesiastiche rispetto alle aperture del Concilio Vaticano II°; sarebbe stupito della presunta patente da “portulotto” di tanti portorecanatesi acquisiti o presunti tali, i quali non perdono occasione per esprimere giudizio e critica su chi ha fatto grande questo paese, ma soprattutto sarebbe profondamente amareggiato perché nonostante tutto, nessuno dell’Amministrazione Comunale e dell’Assessorato alla Cultura si è ricordato di festeggiare degnamente il centenario della propria nascita, il 13 Aprile 1909, con iniziative opportune. D’altronde come per tutte le cose importanti, capita solo una volta.
Un’altra occasione persa. Peccato.