Foto 279 - Tempo di "nazze".
TEMPO DI NAZZE

Per molti anni, a partire dalla fine del mese di gennaio e fino a primavera inoltrata, lungo tutta la spiaggia del vecchio nucleo abitato, era possibile vedere accatastate pile di nasse (nazze in dialetto) pronte per essere calate in mare.
Le nasse sono trappole che, quando la piccola pesca era molto praticata, venivano posizionate sul fondale ad una certa distanza dalla costa.
Erano realizzate in proprio da ciascun pescatore, su una intelaiatura di legno ricoperta da una rete a maglie sottili.
La bocca di ingresso era a forma di imbuto e veniva realizzata, a mano, con filo di ferro, dagli stessi pescatori (da qui il nome di "boccarola").
La particolare forma ad imbuto facilitava l'ingresso delle prede ma ne impediva l'uscita.
La calata delle nasse in mare era sempre preceduta dal posizionamento di una "corda madre" ("resta") alla quale venivano poi legate la nasse con un robusto cordino (detto "caulì") posizionandole alla giusta distanza l'una dall'altra.
La "resta madre" ("caluma") era ancorata al fondo con dei grossi pesi realizzati in cemento resi visibili, in superficie, da piccole boe contrassegnate da un segnale di stoffa posto alla sua sommità.
Il segnale di stoffa era di colore e forma diversi e serviva ad identificare il pescatore. All'interno di ciascuna "nazza" venivano generalmente poste delle esche per attirare pesci.
Con le nasse si catturano prevalentemente seppie, ma anche altri tipi di pesci come piccoli crostacei, triglie e qualche volta, ma molto raramente, anguille.

Fonte: Albano Ballerini
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