Romagnoli Francesco seduto davanti al suo piccolo tavolo di "calzolaio" è intento a preparare quanto serve per risuolare delle scarpe che gli sono state commissionate. E' una giornata dal clima favorevole, e Romagnoli ha trasferito la sua "bottega" all'aperto, proprio a ridosso del marciapiede che dà su via Giusti molto vicino all'ingresso laterale della chiesa di San Giovanni Battista dove la via stessa si chiude. Il piccolo tavolo di lavoro è ornato con gli attrezzi del "mestiere" strumenti essenziali per svolgere il lavoro a regola d'arte: punteruolo, lesina, tomaie, martello, spago, pinza, mastice e piccoli chiodi (le cosiddette semigie) sempre a portata di mano.
Il piacere di svolgere all'aperto la propria attività di artigiano, non è dettata solo da questioni climatiche, bensì dalla necessità di condividerne pubblicamente l'essenza. Non è raro al Porto che questo si verifichi; lo stesso accade, ad esempio, per altri mestieri, come i bottai o i fabbri. C'è stato un tempo in cui in paese il mestiere di "calzularu" era molto praticato. Prima ancora che la "civiltà dei consumi" modificasse gli stili di vita e la necessità di seguire la moda obbligasse (quasi) a gettare via cose ancora in buono stato, acquistare un paio di scarpe nuove era un lusso raro e quelle vecchie venivano perciò mantenute in vita il più a lungo possibile e alle risolature, ricuciture o rattoppi d'ogni genere che interessavano la suola, ma anche la tomaia, pensava appunto il calzolaio.