L’elaborato risulta aderente alla traccia proposta e suscita emozioni positive. È apprezzabile la creatività nel costruire un racconto di fantasia legato ad esperienze vissute nell’ambiente marinaro portorecanatese. L’uso della lingua italiana è corretto sia nell’applicazione delle regole grammaticali che sintattiche.
Con i piedi nell'acqua e gli occhi all'orizzonte, ero finalmente al mare.
Decisi di sdraiarmi sulla riva.
Il mattino, quando il mare si confonde con il cielo, mi fa pensare agli occhi azzurri della mia bellissima ragazza.
La leggera brezza mi accarezzava i capelli e il colore del mare si univa all'azzurro del cielo dandomi la sensazione di essere leggero come una piuma.
I gabbiani bianco lucido strillavano e si appoggiavano sulle boe per riposarsi a lungo, senza alcuna voglia di rimettersi in volo.
Sulle scogliere si annidavano dei granchi dall’aspetto minaccioso, rossi come il sangue.
II mare era liscio, un pavimento che, con un lento movimento, accarezzava dolcemente gli scogli.
I pesciolini tagliavano velocemente l'acqua come missili impazziti.
La trasparenza dell'acqua mi faceva ricordare la mia infanzia, quando mi sentivo interamente uno spirito libero.
Le onde mi conducevano ad un mondo senza fine, dove passato e presente si mescolavano. Iniziai a pensare a quando ero piccolo, ai giochi che facevo, alle Lego, alle macchinine che tenevo sempre in tasca, al pongo.
La sabbia dorata rilassava i miei piedi, inghiottendoli. Non avrei mai voluto uscire dall'acqua di quel mare sconfinato. Il sole caldo alto nel cielo mi riscaldava facendomi sentire al sicuro. Una presenza amica.
L'acqua fredda mi rigenerava come quel piccolo bacio che la mamma ti dà per svegliarti dopo la notte.
Sentivo il pungente odore di salmastro che era nell’aria.
Il mare è pieno di segreti, nel suo profondo si nasconde un regno marino..., un tempio con pesci talvolta sconosciuti.
Il mare lo amo, mi punge la curiosità, perché non posso vedere tutto quello che nasconde e allora mi lascio trasportare dall’immaginazione.
Quella mattina fantasticai di essere una creatura marina. Mentre mi immergevo nell'acqua, delle branchie comparirono sul mio collo e riuscii a respirare anche sott'acqua.
Vedevo i pescatori che lanciavano le loro reti in mare, per poco non presero anche me.
Mi passò un brivido lungo la schiena. Mi nascosi per un po’.
Quando la calma tornò nelle acque, iniziai a giocare con delle conchiglie che erano sul fondale.
Le bellezze del mare sono uniche, arrivano fin dritte al cuore.
Uno scintillio lontano mi attrasse. Esistono davvero le sirene?
No, era solo un banco di pesci.
Mi lasciai trasportare dalla corrente. La sensazione era quella di volare.
Senza alcuno sforzo mi ritrovai molti metri più in là, davanti ad una vecchia lancetta affondata.
L’emozione che provavo era tanta che quasi non riuscivo a vedere bene cosa c’era scritto.
Era la lancetta “San Giovanni”, scomparsa molti anni fa, quando mio nonno ancora faceva il pescatore.
Fu proprio lui a raccontarmi che, durante una tempesta, la barca affondò perché i pescatori si erano avvicinati troppo agli scogli per salvare una tartaruga che era rimasta intrappolata nelle reti che avevano gettato in mare.
La tartaruga fa salvata, ma la lancetta andò distrutta.
Si narra che la tartaruga, riconoscente verso i pescatori che l’avevano liberata, li aiutò a salvarsi dal mare in tempesta, sospingendoli fino alla spiaggia e che per molto tempo rimase in soccorso dei pescatori in difficoltà.
Sarebbe bello cercarla e rivederla ora, ma una voce mi chiamava. Quando aprii gli occhi capii che era stato tutto un sogno. Era tempo di andare ma sarei tornato per farmi raccontare altre storie dal mare.