La giuria e gli organizzatori del Premio “Murè” concordano nell’assegnare il Premio “Emilio Gardini” al componimento intitolato “Le ali dell’alba” per la liricità del racconto capace di emozionare, sfiorando le corde dell’anima. Lodevoli le riflessioni, i sentimenti e le emozioni rappresentate nel testo in modo efficace e coinvolgente. Non ultima, per la capacità narrativa di far assaporare, con le parole scritte, il sapore della libertà.
Voleva vedere l’alba. Uscì di casa senza fare rumore, e scese in strada. Tutto intorno a lei era immobile l’unico rumore: il cinguettio dei passeri sui tetti.
Il cielo alle sue spalle era ancora buio, ma davanti a sé scorgeva una luce più chiara. Quando ebbe superato anche l’ultima fila di
casette e fu arrivata sulla spiaggia, non poté fare a meno di sorridere.
L’alba era proprio come l’aveva immaginata: misteriosa e magica. Il sole era molto basso, e tingeva le acque con la sua luce rossa.
Le onde avevano riflessi dorati, e l’orizzonte, dove di solito il cielo si fondeva nel mare nell’azzurro più bello del mondo,
era tanto luminoso da sembrare bianco.
Si guardò intorno: oltre a lei non c’era anima viva. Meglio così; certe cose sono fatte per essere viste da soli.
Poi un stridio risuonò melodioso dietro di lei. Si girò e vide qualcosa di bianco volteggiare con grazia nell’aria.
Era un gabbiano, e anche lui solo…
Piroettava proprio sopra la sua testa. Stava lì fermo, immobile sulla battigia e la guardava. Velocissimo scendeva,
immergeva la testa in mare e la ritraeva con un grande pesce sul becco. Volteggiava sopra di lei lentamente, e sembrava
godersi il panorama. Sembrava fermo invece metteva tutta la sua forza per risalire controvento.
Il gabbiano volava, senza curarsi di nulla. D’altra parte, che cosa avrebbe dovuto temere? Lui era l’uccello d’argento,
il dominatore delle tempeste. Lui non evitava il vento, ma lo plasmava intorno alle proprie ali, e se non poteva opporsi alle correnti,
si lasciava guidare.
Meglio piegarsi che spezzarsi cercando di resistere, e questo i gabbiani lo sanno bene. Il vento crede di poterli dominare,
ma alla fine, dopo la tempesta, essi saranno sempre e solo dove sono voluti arrivare.
A volte, anche a lei sembrava che il vento delle difficoltà, delle delusioni e dei rimpianti soffiasse troppo forte.
In quei momenti, avrebbe voluto essere come loro. Avrebbe voluto essere forte senza darlo a vedere e, soprattutto, avrebbe
voluto essere spensierata, indifferente al giudizio degli altri.
Pensò con un sorriso ai bambini che d’estate, in spiaggia, avevano paura dei gabbiani. Anche chi voleva essere sé stesso faceva paura a tanta gente…
Alzò di nuovo gli occhi verso il cielo e sperò che sempre, in ogni momento della sua vita, avrebbe ricordato quelle ali
ricamate d’argento e forgiate dalla tempesta, le stesse che compivano lunghi voli nell’aria salmastra del porto.
Sarebbe rimasta com’era, con i suoi pregi e i suoi difetti, e non avrebbe più dovuto temere i giudizi degli altri.
E quando ebbe fatto a sé stessa questa promessa, le sembrò di sentire, più intenso di prima, l’odore del mare: l’odore della libertà.