La vita non è sempre così come la immaginiamo.
di Gaia Albamonte - classe 3/D - (Sez. B)


“La vita non è sempre così come la immaginiamo da piccoli, come una sala piena di palloncini colorati da poter scoppiare quando ne hai voglia e gonfiarne sempre di nuovi e colorati così da avere l’impressione di vivere in un sogno”.
Quella mattina Giosuè si svegliò con questo pensiero che lo aveva tormentato tutta la notte. Non dormiva più, il suo unico pensiero era Mondo, quell’amico con il quale aveva condiviso tanti bei momenti, che lo aveva aiutato a diventare la persona che era e della quale ultimamente non era più fiero.

Si sentiva in colpa per averlo abbandonato nel momento del bisogno, lui, che era stato per Giosuè la roccia alla quale aggrapparsi per risalire dal fondo, ora era in fondo al mare, quel mare che lo aveva visto nascere, morire, poi rinascere ancora, ma che ora lo soffocava.
Aveva conosciuto Mondo quando era già un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo. Lì Giosuè ci era capitato quasi per caso, quando un giorno, dopo un’altra litigata con il padre, aveva chiuso la porta con l’idea di non tornare più, di sparire.

Mondo lo aveva chiamato con la scusa di aver bisogno di una mano, aveva iniziato con le sue storie, con i suoi animali fantastici, aveva raccontato di onde che lo abbracciavano come una madre abbraccia un figlio. È stato allora che Giosuè aveva capito quale poteva essere la sua strada, la sua casa. Con Mondo Giosuè aveva navigato mari e sfidato correnti. Per quaranta giorni, i più belli della sua vita, le storie, il mare, il vento… Ma di pesci non se ne erano visti tanti. Giosuè vedeva Mondo rattristirsi, sempre di più, non era possibile, lui la roccia, lui il suo sostegno, si stava abbandonando allo sconforto.

A casa il ragazzo doveva combattere con i genitori perché non portava il denaro che avevano sperato e ogni sera era un litigio, fino a che gli avevano detto che il vecchio ormai era decisamente salao, che è la peggior forma di sfortuna, e il ragazzo li aveva ascoltati andando in un'altra barca che prese tre bei pesci nella prima settimana.
Avrebbe dovuto essere felice Giosuè, come i suoi genitori, eppure qualcosa lo tormentava. Mondo era nella sua testa sempre, notte e giorno. Aveva saputo da voci del villaggio che il vecchio era oramai caduto nella depressione più buia. Il giovane non riusciva a darsi pace, il bene, la riconoscenza per quell’uomo lo perseguitavano qualsiasi cosa facesse, ovunque andasse. Fu così che andò a trovare Mondo, ma lui non aprì. Il porticciolo del villaggio era stranamente deserto quella mattina, il cielo era nuvoloso, tutto grigio intorno, solo il blu cobalto della barca di Mondo sembrava essere uno dei palloncini colorati in un’enorme stanza vuota. Giosuè sapeva come guidarla, sapeva dove andare, glielo aveva insegnato lui.

Salì, partì, navigò, nessun pensiero, solo voglia di riscattare il suo amico, solo voglia di dirgli “Ce l’hai fatta, Mondo”. Tre giorni, tre notti, solo in mezzo al mare e quei pesci fantastici delle storie non li aveva incontrati. Il quarto giorno Giosuè voleva tornare a casa, ma ad un tratto qualcosa attirò la sua attenzione. Onde spumeggianti, non lontano: tre grossi tonni viaggiavano con lui. “Siete miei” gridò Giosuè e così fu. Tutti e tre trofei, caricati sulla barca che ora andava lenta per il peso di quei pesci enormi.

Tre trofei da presentare al suo maestro. Bussò e bussò ancora, ma lui non aprì. I pensieri più bui si affacciarono nella sua mente. Gridò finché accorsero i vicini e insieme buttarono giù quella porta. Mondo era lì, steso sul suo letto, sembrava dormisse ma non rispondeva. I suoi occhi erano fissi nel vuoto.
“È troppo tardi, ti ho perso per sempre, amico mio. Tu mi hai insegnato a non arrendermi mai, mi hai dato la voglia di vivere e proprio tu ti sei lasciato morire”. A distanza di dieci anni ho imparato a non arrendermi davanti alle sfide della vita e a non abbandonare mai le persone che per me sono state importanti. L’amicizia aiuta a vivere e sopravvivere quando tutto intorno sembra buio.




Premio «Murè» Porto Recanati - Racconto di Gaia Albamonte.
a cura di: www.portorecanatesi.it