Lezione di vita.
di Isabella Nesel Dragovoja - classe 3/D - (Sez. B)


La corrente del Golfo trasportava ancora le acque calde verso l'Atlantico e un vecchio pescatore ascoltava come sempre il rumore e il profumo del mare, che penetrava nei suoi polmoni.
Erano i primi momenti dell’alba e Alfred si sistemò nella sua solita postazione vicino alla costa sperando di prendere qualche pesce, ma passarono le ore e il vecchio non vide mai la canna muoversi se non per le onde del mare, che iniziavano a farsi sempre più impetuose a causa del vento forte. Il giorno dopo non cambiò nulla: il mattino era speranzoso, ma appena passata l’ora di pranzo il morale cadeva a terra e tornava a casa ancor più abbattuto.

Passarono alcune settimane e nulla cambiò, tranne il fatto che un bambino iniziò a stargli vicino e ad ascoltare il rumore del mare insieme al pescatore.
- Com’è che ti piace così tanto pescare? - chiese il ragazzo.
- Mi piace il colore del mare - rispose il vecchio - Mi fa venire in mente momenti felici della mia vita.
- Ad esempio? - chiese il ragazzo.
- Ad esempio il colore degli occhi di mia moglie, il colore del cielo quando mi sdraiavo da ragazzo sull’erba verde appena tagliata, il colore del vestito che metteva sempre mia figlia quando era bambina.

Così il vecchio spiegò al ragazzo la nostalgia che provava guardando il mare: aveva perso da alcuni anni la moglie, che per lui era sempre stata un raggio di luce nella sua vita, ma dopo la sua morte, quel fascio di luce si andò ad annebbiare sempre di più.
I giorni scivolavano lenti, tra quell’ondeggiare, tra quel rollio del mulinello mentre recuperava la lenza, fra l’orizzonte e sé, fra sé e quello che succederà. Intanto piano piano la frustrazione svaniva durante il tempo che passava con il ragazzo.

Un giorno il giovane venne come sempre nella postazione del vecchio pescatore, ma questa volta il suo sguardo era diverso, esprimeva tristezza invece che curiosità come al solito. Salutò il vecchio che gli chiese cosa fosse successo, e il ragazzo gli spiegò che i genitori gli avevano impedito di pescare con lui dato che nei giorni precedenti non avevano preso nulla da più di quattro settimane e pensavano che fosse una perdita di tempo sperare che un pesce abboccasse all’amo.

Quindi se ne andò e il vecchio rimase solo; passarono altre settimane e il tempo volò, la solitudine lo trascinava verso il vuoto, senza più speranze. Erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce.
- Ormai l’unica cosa che mi accompagna è un refolo di vento che scuote la lenza e niente di più che questa ricerca disperata che si tuffa in quel blu in cui già più volte mi sono perso, dove ora sei, nella profondità del tuo amore vibrante come la voce di questo mare - disse il pescatore riferendosi alla moglie.

Nel rumore delle onde, il garrito dei gabbiani, e nel profumo salato del mare, la solitudine e la mancanza di speranze pesavano sulle spalle del vecchio, mentre i ricordi danzavano soli nel vuoto della sua mente.
Ad un certo punto il pescatore sentì un rumore di passi che avanzavano verso di lui, girò la testa e vide il ragazzo venire di corsa e con il respiro affannato
. Il ragazzo salutò il vecchio, che ricambiò il saluto.
- Posso rimanere ancora con te? - chiese il ragazzo al vecchio, che fece un cenno per dire di sì.
- Era bello pescare con te, mi sentivo vivo e le tue avventure mi ricordavano i racconti che mi leggeva mia madre quando ero piccolo. Ho disobbedito ai miei genitori, cosa che non avevo mai fatto, ma per un buon motivo.

Allora il pescatore e il ragazzo aspettarono insieme che la canna si muovesse, ma ancora nulla. Il giorno dopo la canna era ancora ferma, così come lo era dopo molti giorni, finché un pesce non abboccò finalmente all’amo. Il vecchio si sentiva più felice che mai, la gioia di vedere un pesce attaccato all’amo era grande, ma non tanto grande quanto lo era il fatto che il ragazzo era tornato e che la solitudine era svanita del tutto insieme alla nostalgia della moglie, che però avrebbe sempre ricordato tramite quel blu del mare.




Premio «Murè» Porto Recanati - Racconto di Isabella Nesel Dragovoja.
a cura di: www.portorecanatesi.it