Lo sciabbegotto.
Lo sciabbegottu è una figura che conserva ancora freschezza e colore nell'immaginario popolare; forse anche per la particolarità che lo vede protagonista nel rapporto tra l'uomo e il mare.
Come si è già scritto più volte, l'equipaggio di una sciabica, di solito 10/12 sdabbegotti, era al comando di un parò.
Uno sciabegotto faceva da barcaru ed era quello che restava a bordo durante la cala; era quasi sempre il più vecchio, addetto a raccogliere le reste (corde) tirandole da terra, a pulire la barca, a cernire il pesce nella coffetta (cesta piccola).
C'erano poi i murè, i più giovani, addetti ai servizi (portare la colazione, per esempio).
Allo sciabegotto non si richiedevano doti particolari, solo buone braccia e buone gambe per sopportare la fatica di un lavoro davvero duro.
Per tradizione le ciurme venivano formate ogni anno il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, e sciolte il 30 novembre in concomitanza con la festa di Sant'Andrea (discepolo di Giovanni Battista e fratello di San Pietro, pescatore a Cafarnao).
Nella chiesetta del Suffragio c'è una pala d'altare attribuita al Maratta e trasferitavi nel 1829 dalla chiesa interna al Castello Svevo, in quell'anno demolita; rappresenta la Madonna Addolorata confortata da San Francesco di Paola e da Sant'Andrea che, proprio perché pescatore, tiene in mano una mugèlla (cefalo) e per questo è stato battezzato qui da noi come Sant'Andre de la mugèlla.
E' lui infatti il Patrono degli sciabbegotti ed è nella chiesetta del Suffragio che si concludeva, con la messa, la stagione della sciabica.
Un tempo alcuni «sciabbegotti», liberi da impegni fino al marzo successivo, si imbarcavano per l'Argentina dove andavano a lavorare alla cossecha, vale a dire alla raccolta del formentone; in marzo tornavano per riprendere il cullaru.
Gli Argentini li chiamavano golondrinas, perché arrivavano e ripartivano come le rondini.
Negli ultimi tempi dell'epopea della sciabica le ciurme erano composte anche da giovani coinvolti per periodi limitati nell'attività marinara; si trattava soprattutto di studenti che lo facevano per disporre di qualche soldo da non domandare ai genitori.
Non mancavano nemmeno operai e artigiani, che così arrotondavano i loro guadagni.
Come si è già scritto più volte, l'equipaggio di una sciabica, di solito 10/12 sdabbegotti, era al comando di un parò.
Uno sciabegotto faceva da barcaru ed era quello che restava a bordo durante la cala; era quasi sempre il più vecchio, addetto a raccogliere le reste (corde) tirandole da terra, a pulire la barca, a cernire il pesce nella coffetta (cesta piccola).
C'erano poi i murè, i più giovani, addetti ai servizi (portare la colazione, per esempio).
Allo sciabegotto non si richiedevano doti particolari, solo buone braccia e buone gambe per sopportare la fatica di un lavoro davvero duro.
Per tradizione le ciurme venivano formate ogni anno il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, e sciolte il 30 novembre in concomitanza con la festa di Sant'Andrea (discepolo di Giovanni Battista e fratello di San Pietro, pescatore a Cafarnao).
Nella chiesetta del Suffragio c'è una pala d'altare attribuita al Maratta e trasferitavi nel 1829 dalla chiesa interna al Castello Svevo, in quell'anno demolita; rappresenta la Madonna Addolorata confortata da San Francesco di Paola e da Sant'Andrea che, proprio perché pescatore, tiene in mano una mugèlla (cefalo) e per questo è stato battezzato qui da noi come Sant'Andre de la mugèlla.
E' lui infatti il Patrono degli sciabbegotti ed è nella chiesetta del Suffragio che si concludeva, con la messa, la stagione della sciabica.
Un tempo alcuni «sciabbegotti», liberi da impegni fino al marzo successivo, si imbarcavano per l'Argentina dove andavano a lavorare alla cossecha, vale a dire alla raccolta del formentone; in marzo tornavano per riprendere il cullaru.
Gli Argentini li chiamavano golondrinas, perché arrivavano e ripartivano come le rondini.
Negli ultimi tempi dell'epopea della sciabica le ciurme erano composte anche da giovani coinvolti per periodi limitati nell'attività marinara; si trattava soprattutto di studenti che lo facevano per disporre di qualche soldo da non domandare ai genitori.
Non mancavano nemmeno operai e artigiani, che così arrotondavano i loro guadagni.