A ciascuno il suo.
milio Pierini ha deciso di non confrontarsi con le analisi che ho esposto nel mio intervento, preferendo riproporre,
con l'aggiunta di qualche altro esempio oltre quello di Obama, lo stesso monotono motivo. Anch'io, quindi, non proseguirò la discussione con lui. Sarebbe effettivamente tempo sprecato: è chiaro c
he parliamo due lingue diverse e francamente troverei deprimente dover scendere su un terreno saturo di luoghi comuni come questo:
“chi ha scelto per noi non può pretendere di scegliere per i nostri
figli.”
Ma per favore!! Ma fateci il piacere!! Ma non potete evitare di immettere in un discorso serio sulla politica queste battute da soap opera?
Visto però che Pierini utilizza Massimo D'Alema come esempio della cattiva politica simile al mio,
voglio raccomandare a chi è interessato la lettura dell'intervista che D'Alema ha dato a Crozza domenica
scorsa. Io l'ho ascoltata e ne condivido quasi tutto, in particolare i passaggi nei quali D'Alema spiega
come avveniva la selezione della classe dirigente nel Pci e quanti danni ha fatto la retorica della
società civile contro i professionisti della politica.
Ecco, come dimostra il mio precedente intervento, io su questo, ha ragione Pierini, sto con D'Alema.
Gli altri vedano un po' loro.
Come si dice in questi casi:
unicuique suum, a ciascuno il suo.
Detto questo, vorrei mantenere fede al proposito di proseguire la mia riflessione sul tema della
cultura politica, facendo calare la mia analisi sulla situazione specifica di Porto Recanati, in modo
da dare così maggiore concretezza e verificabilità a questo argomento.
Propongo perciò di riflettere su questo: qual è la cultura politica dei sostenitori del cosiddetto «rinnovamento»?
Se il candidato Riccetti Lorenzo è indubbiamente nuovo (nel senso che non ha esperienze politiche alle
spalle ed è, relativamente, giovane) com'è la cultura politica di coloro che l'hanno proposto e sostenuto?
Penso di conoscerli abbastanza bene per poter dire che sotto la retorica del nuovo si nasconde in loro
il vecchio modo di concepire la politica fatto di chiusura e settarismo.
Come posso dirlo? E' la campagna elettorale che hanno condotto, e alla quale Riccetti – come gli ho detto –
si è associato, che lo dimostra.
Faccio tre esempi:
a) il rifiuto di partecipare ad un confronto con gli altri candidati con l'argomento che non ci si può
confondere con loro in quanto si è diversi e migliori;
b) l'attacco personale al limite della calunnia nei confronti dell'avversario (durante queste
settimane alcune persone con le quali avevo un rapporto cordiale mi hanno quasi tolto il saluto, e lo stesso
è avvenuto ad alcuni amici che avevano il torto di stare dalla mia parte;
c) la minaccia di provvedimenti disciplinari, che tra parentesi ha fatto accapponare la pelle a gran
parte del mondo politico provinciale, nei confronti di alcuni ex-Margherita che si erano permessi di
scrivere un articolo nel quale rivendicavano, come dirigenti e iscritti al PD, la scelta di sostenere la mia candidatura.
E potrei continuare. Non mi pare il caso di scomodare lo stalinismo per dire che tutto questo è
vecchio, vecchio, vecchio.
Non serve proporre «facce nuove» se la cultura politica resta questa.
La recente vicenda di Rifondazione comunista, il più convinto alleato della maggioranza del PD, lo sta
a dimostrare: il comitato direttivo del circolo di Rifondazione di Porto Recanati ha destituito il suo
segretario accusandolo di non essersi impegnato in modo sufficientemente convinto nel sostenere la
candidatura proposta dal PD.
Non ho titolo per pronunciarmi sul grado di autonomia del gruppo dirigente locale di RC, ma temo francamente
che sia piuttosto scarso. In ogni caso è certo che un comportamento del genere la dice lunga sulla capacità
di questa cultura politica di essere interprete della società contemporanea e della sua ricchezza di posizioni,
diversità, pluralismo, ecc.
D'altra parte, sono più di quindici anni che a Porto Recanati il centrosinistra è bloccato dalla vecchia
cultura politica che non riesce a rinnovarsi e perciò cerca ogni volta di darsi un volto nuovo che la renda
presentabile.
Le invenzioni, regolarmente perdenti, non si contano. A cominciare da quella di Landolfo.
Qualche volta, per la verità, i rinnovatori dimostrano di avere un palato disponibile a qualche compromesso,
come dimostra la scelta dell'attuale coordinatore del PD.
Chissà cosa ne penserà con il suo metro di giudizio il mio amico Pierini, di questo esempio di rinnovamento
rappresentato da una persona che ha iniziato la sua militanza politica prima di me, attraversando in quaranta
anni molti, moltissimi schieramenti politici prima di approdare al PD?
Naturalmente, alcuni penseranno che questo mio ragionamento sia il prodotto della stizza provocata dalla
sconfitta subita. Non nego che certi comportamenti mi abbiano profondamente irritato e non intendo d'ora
in avanti, fare sconti a nessuno o chiudere gli occhi di fronte a certe situazioni (come ho fatto per spirito
unitario ad esempio sul programma «in stile Sgarbi»).
Però il succo del mio discorso è un altro: visto che è ormai dimostrato che quella cultura politica maggioritaria
nel gruppo dirigente del PD non cambia (e anzi tende a riprodursi), come fa il centrosinistra a trovare un
assetto che gli consenta di far convivere quella presenza (che ha ancora un largo seguito popolare ed è
essenziale per la vita del centrosinistra e dello stesso PD) con le altre componenti che sono presenti nella
stessa area e sono decisive nella stessa misura?
La strada non può essere, me ne sono reso conto anch'io, quella dell'appello unitario a senso unico.
E' necessario però anche evitare di cadere nel riflesso pavloviano di chi risponde colpo su colpo, riproducendo
una guerra infinita che avvantaggia solo la destra.
Come diceva un mio vecchio e simpatico critico, è necessaria l'unità nella chiarezza.
Il candidato Sindaco del Centrosinistra ha un ruolo importante da svolgere in questa direzione.