Edgar.
di Chiara Pierfederici - classe 3/D - (Sez. B)


Edgar, un pescatore di ormai ottant’anni, amava il mare.
Amava il suo colore brillante, la spiaggia opaca che contrastava l’acqua lucida, gli uccelli che si sentivano cantare una meravigliosa melodia ogni volta che c’era bel tempo e il sole che gli bruciava la pelle e gli schiariva gli occhi.

A Edgar piaceva paragonare il mare alla sua vita; a volte era calmo, caldo e cristallino come un diamante mentre altre sembrava come se ci fosse stata una bufera là vicino, era sporco, agitato e mal odoroso. Allo stesso tempo c’era Edgar definito da tutti come un vecchietto amorevole ma che si irritava facilmente e che, da un momento all’altro, diventava l’esatto contrario di quel bel vecchietto che adoravano tutti.

Edgar aveva una bella famiglia. Aveva una moglie bellissima, anche lei amata da tutti, due figli maschi e una femmina. All’età di sessant’anni Edgar ha vissuto un’esperienza traumatizzante: ha dovuto assistere alla morte della moglie e di due dei suoi figli, ammalati di peste, mentre l’altro si è trasferito in un altro Paese.
Molti cittadini del paesino in cui viveva Edgar, Gradara (un piccolo borgo situato nelle Marche), sostenevano che era questo il motivo per cui il vecchietto non era più solare come un tempo, ma di questo non c’è certezza.

Da quel giorno Edgar cominciò a passare le giornate a pescare nella sua barca, costruita da lui con il legno ricavato dalle casse con cui da piccolo vendeva il pesce pescato da suo padre, e raramente rivolgeva la parola ai suoi vicini, solo qualche “buongiorno” e "buon pomeriggio", detto sempre con molta educazione.

Una mattina, verso le cinque, ha preso il largo con la sua barca e la sua canna da pesca. Dopo essersi sistemato per iniziare la sua sessione di pesca, è rimasto per qualche minuto fermo, immobile ad ammirare il mare che sembrava infinito e trasparente e a inspirare ed espirare l’aria colma di sale che riempiva il cielo.
Pensava alla sua vita e non ne sembrava molto contento, anzi, aveva un’espressione triste, persa, sembrava aver perso la sua strada.

Passate circa tre ore, non aveva abboccato nemmeno un pesce. Ad Edgar è subito tornato in mente quel paragone che faceva con la sua vita e il mare. Sembrava che pure il mare aveva perso la sua strada, i suoi obiettivi e il suo compito, quello che ha da sempre fatto e che all’improvviso ha smesso di fare: fornire agli esseri umani una importante fonte di cibo cioè pesci, crostacei e molluschi.
Ha continuato tutti i giorni a cercare di ottenere qualcosa da tutte quelle ore passate a tenere una canna da pesca, con un verme attaccato ad esso così da ingannare i pesci nei fondali marini, per guadagnarsi da vivere. Erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce, Edgar si era arreso.
Le due settimane successive passava le giornate al bar con in mano un giornale.

In quella cittadina si conoscevano tutti e tutti avevano notato lo strano comportamento di Edgar. Aveva sempre parlato di quanto odiava restare fermo per molto tempo, mentre ora se ne stava seduto su una sedia durante tutto il giorno. Mentre Edgar stava leggendo un articolo sul giornale, ha sentito delle voci familiari che lo chiamavano.
“Edgar vieni! Dobbiamo parlarti.” urlavano.

Incuriosito, Edgar ha seguito quelle voci e si è ritrovato in un altro bar lì vicino con tutti i suoi vecchi compagni. Hanno passato il pomeriggio insieme e si sono divertiti. Edgar aveva ripreso a ridere e a parlare con i suoi compaesani, con cui vent'anni prima aveva una bellissima relazione e da cui si era separato dopo la perdita della sua famiglia.

Un mese dopo aver ripreso i rapporti con i suoi vecchi amici, lo hanno convinto a tornare a pescare. All'inizio esitava, ma alla fine si è deciso. Un’altra mattina, verso le cinque, ha preso di nuovo il largo.
Qualche ora dopo, essendo riuscito a pescare una ventina di pesci, è rimasto per qualche minuto fermo, immobile mentre pensava alla sua vita e, questa volta, sembrava aver ritrovato la sua strada.




Premio «Murè» Porto Recanati - Racconto di Chiara Pierfederici.
a cura di: www.portorecanatesi.it